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Omicidio Alexandra Mocanu, il compagno: “Le ho messo due sacchi sulla testa, non volevo soffrisse”

Donna senza vita sul pavimento
Donna senza vita sul pavimento (DepositHotos) – Spynews.it

Sono diventati pubblici alcuni stralci dell’interrogatorio di Anvi Mecja, accusato di aver ucciso la compagna a martellate.

Alexandra Elena Mocanu, una barista di 35 anni, è stata brutalmente uccisa a martellate dal suo compagno, con il quale aveva da tempo un rapporto tossico che l’aveva convinto a denunciare tutto alla polizia, il 22 Ottobre del 2022. Un omicidio cruento per il quale era stato subito incriminato il suo fidanzato Anvi Mecja di 27 anni, un muratore che aveva oltreutto già a suo carico un divieto di avvicinamento nei confronti della donna.

Divieto che però era stata la Mocanu ad aggirare, perdonando il suo compagno nonostante la denuncia che aveva presentato, e decidendo di nuovo di tornare a vivere con lui. Una convivenza che è però durata pochi mesi, fino alla lite che ha portato alla sua morte. E in questi giorni sono diventati pubblici alcuni stralci dell’interrogatorio del giovane, che ha raccontato agli inquirenti tutta la storia che l’ha portato ad assassinare in modo così cruento la compagna.

Dopo essere scappati insieme infatti, la donna a un certo punto, nel ricominciare una nuova vita con il suo compagno, ha ricominciato a lavorare. In quel momento, ha raccontato Mecja, lui ha iniziato ad avvertire dei cambiamenti in lei, fino a pedinarla e scoprire che aveva iniziato una relazione con un altro uomo.

Scena del delitto
Scena del delitto (DepositPhotos) – Spynews.it

Il racconto di Mecja: “Non ho visto più nulla, c’era come una nebbia”

Ed è stata dunque la gelosia che lo ha infine portato ad ucciderla. Mecja ha dichiarato durante gli interrogatori: “Non ho visto più nulla, c’era come una nebbia. L’ho colpita due volte, poi mi sono seduto accanto a lei. L’ho coperta, perché mi dispiaceva, e poi le ho messo due sacchi sulla testa perché la sentivo rantolare. Le ho messo anche un fil di ferro attorno al collo, ma non potevo stringere. Non volevo che soffrisse”.

Nonostante questo però, l’uomo ha trovato anche la lucidità di sbloccare il telefono della compagna ormai senza vita, per avvertire la sua datrice di lavoro, fingendosi lei, che si sarebbe assentata per qualche giorno. Un elemento questo, che potrebbe anche condurre i magistrati ad accusare di premeditazione del delitto, mentre i suoi avvocati difensori continuano a sostenere si sia trattato di un raptus.