Reati di strada in crescita: grandi città nel mirino, ecco come leggere i numeri e cosa significa per chi vive in urbanità

I reati di strada tornano a crescere e a farlo soprattutto nelle grandi aree metropolitane. Secondo le ultime rilevazioni ufficiali, nel 2024 in Italia sono stati denunciati circa 2,38 milioni di delitti, pari a un aumento dell’1,7% rispetto al 2023 e del 3,4% rispetto al 2019. La spinta più evidente viene dalla cosiddetta microcriminalità urbana — furti, scippi, rapine, piccoli danneggiamenti — fenomeni che impattano direttamente sulla percezione di sicurezza di chi si muove ogni giorno tra mezzi pubblici, marciapiedi affollati, zone commerciali e quartieri della movida.
Il quadro, però, è composto e va interpretato con attenzione. Se da un lato la curva 2024 è risalita, i livelli restano inferiori a quelli di dieci anni fa (circa il 15% in meno rispetto al 2014), a conferma che l’“onda lunga” post-pandemia sta riassestando abitudini, flussi e opportunità per i reati di prossimità. E un altro segnale da non trascurare è il calo nei primi sei mesi del 2025: i dati provvisori indicano una diminuzione di quasi il 5% rispetto allo stesso periodo del 2024, un’inversione che suggerisce come le contromisure possano iniziare a produrre effetti, se mantenute e rafforzate.
Dove e come si concentrano i reati: mappa territoriale, tipologie in aumento e fasce più esposte
La geografia delle denunce conferma che a soffrire di più sono le città con alta densità di residenti e un forte afflusso quotidiano di lavoratori e turisti. Milano, Firenze e Roma guidano l’indice nazionale di criminalità per numero di illeciti ogni 100mila abitanti, seguite da capoluoghi come Bologna, Rimini e Torino. Nelle sole 14 città metropolitane si concentra circa il 48% dei crimini rilevati nel 2024, con quasi un quinto delle denunce che ricade su Milano e Roma. All’opposto, alcune province medio-piccole — tra cui Oristano, Potenza, Benevento, Enna, Sondrio, Treviso e Pordenone — mostrano livelli di incidenza sensibilmente più bassi, a riprova del peso che mobilità, flussi e tessuto urbano esercitano sulla pressione del fenomeno.
Guardando alle tipologie, i furti restano il capitolo più rilevante: oltre un milione di denunce nel 2024 (circa il 44% del totale), con segni “più” diffusi — furti in abitazione in crescita di quasi il 5%, furti d’auto oltre il 2% e incremento, pur più lieve, di scippi e borseggi. Tra i delitti di strada aumentano anche le rapine (circa +2%), i reati legati agli stupefacenti (+4%) e le violenze sessuali (+7,5%), mentre arretrano in maniera marcata i casi di contrabbando e, per la prima volta dopo anni di crescita, si registra un calo delle truffe informatiche. Nel 2024 le persone denunciate o arrestate sono state oltre 828mila, in aumento sul 2023 ma ancora inferiori al 2019. Colpisce la crescita delle segnalazioni che coinvolgono i minori (più del 16% in un anno, con un arrestato su quattro per rapina in pubblica via under 18) e l’incidenza degli stranieri tra i denunciati/fermati (circa un terzo del totale, con quote più alte — oltre il 60% — in alcuni reati predatori come borseggi e scippi). Sono numeri che impongono interventi mirati su prevenzione, inclusione e controllo del territorio, specie nelle zone a maggiore attrazione di flussi temporanei.

Perché crescono : fattori in gioco, misure utili e scelte quotidiane che aiutano
L’aumento della microcriminalità urbana ha cause intrecciate. Il ritorno massiccio di turisti e pendolari dopo gli anni di restrizioni ha riportato “obiettivi” e opportunità là dove si incrociano grandi numeri; le pressioni sociali ed economiche — povertà, disagio giovanile, dipendenze — alimentano sacche di illegalità; la professionalizzazione di alcuni gruppi dedicati ai reati predatori e l’uso di tecniche rapide e poco appariscenti rendono più difficile prevenire e reprimere in tempo reale. A questo si aggiunge la geografia complessa dei grandi hub urbani, dove la compresenza di eventi, cantieri, lavori e nodi intermodali (stazioni, metropolitane, centri commerciali) moltiplica i contesti a rischio.
La risposta non può essere una sola. Sul piano istituzionale servono presidi visibili dove i flussi sono più intensi, tecnologie di sorveglianza efficaci ma rispettose della privacy, cooperazione stretta fra forze dell’ordine, amministrazioni locali e soggetti privati (trasporti, retail, eventi) per prevenire e gestire i picchi. Sul fronte sociale funzionano gli interventi precoci su dispersione scolastica, povertà educativa e dipendenze, percorsi di inclusione per i minori a rischio e strumenti rapidi per chiudere i “buchi” urbani (illuminazione, spazi pubblici presidiati, arredo anti-degrado). Anche i cittadini possono giocare una parte, senza allarmismi ma con attenzione consapevole: pianificare i percorsi più illuminati, evitare distrazioni con lo smartphone in aree affollate, custodire i beni in modo discreto, usare i parcheggi più sorvegliati, segnalare subito alle forze dell’ordine situazioni sospette e utilizzare applicazioni e servizi di sicurezza messi a disposizione dai comuni.
La leggera flessione registrata nel primo semestre 2025 indica che strategie mirate e coordinate possono funzionare se accompagnate da continuità, valutazione dei risultati e aggiustamenti rapidi. Il tema resta sensibile perché la “sicurezza percepita” incide quanto quella statistica sulla qualità della vita urbana. Ma proprio per questo è importante leggere i dati con equilibrio: la risalita del 2024 non cancella i progressi di lungo periodo, e i segnali di raffreddamento del 2025 suggeriscono che la rotta può essere corretta. Per chi vive, lavora o studia in città la bussola resta duplice: informarsi bene e adottare abitudini prudenti, chiedendo in parallelo a istituzioni e operatori di continuare a investire in prevenzione, controllo di prossimità e rigenerazione degli spazi. Solo così il silenzio che cerchiamo nel nostro quotidiano — nei mezzi pubblici, nei quartieri, sotto casa — può tornare a essere la norma, non l’eccezione.
