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Omicidio Meredith Kercher, Amanda Knox condannata a tre anni per calunnia contro Patrick Lumumba

Amanda Knox
Amanda Knox (ANSA) – Spynews.it

La Knox è stata condannata a tre anni di reclusione con l’accusa di calunnia nei confronti del suo ex datore di lavoro Patrick Lumumba.

Alla fine, la Corte di Assise d’Appello di Firenze, ha condannato alla pena di tre anni di reclusione Amanda Knox, presente a Firenze al momento del pronunciamento della sentenza, con l’accusa di calunnia nei confronti di Patrick Lumumba. L’uomo infatti, che all’epoca dell’omicidio di Meredith Kercher, avvenuto la sera del 1 Novembre 2007, era il datore di lavoro della donna, venne da questa ultima coinvolto.

La Knox infatti fece il suo nome più volte durante i primi interrogatori successivi al delitto, portando così le forze dell’ordine a sospettare di lui e ad arrestarlo trattenendolo in carcere per quattordici giorni. Venne in seguito scagionato, in quanto la scientifica non trovò mai tracce della sua presenza in quella casa, e arrivò in seguito anche una testimonianza molto importante sul fatto che Lumumba quella sera si trovava a lavorare nel suo pub.

Anche laddove il verdetto diventerà adesso definitivo però, Amanda Knox non avrà alcuna pena da affrontare in carcere, in quanto questa rientra negli anni di reclusione che la donna ha già scontato. Non bisogna infatti dimenticare che la Knox, subito dopo ‘omicidio della studentesse, venne sottoposta al regime di carcerazione preventiva durato per quattro anni, insieme a Raffeale Sollecito. Al momento, nel processo per l’omicidio della Kercher, l’unico condannato a 16 anni di reclusione in concorso con i due, resta Rudy Guede.

Luca Luparia Donati, difesa Knox
Luca Luparia Donati, difesa Knox (ANSA) – Spynews.it

La Knox era già stata condannata per calunnia nel 2014

La Knox era già stata inoltre condannata per calunnia nei confronti di Lumbumba nel gennaio del 2014, e in quel caso la donna aveva però contestato la decisione rivolgendosi alla corte europea dei diritti dell’uomo, che le aveva riconosciuto la violazione delle sue garanzie difensive negli interrogatori condotti dalle forze dell’ordine immediatamente successiva all’omicidio della studentesse. La Knox infatti ha sempre sostenuto di aver fatto il nome di Lumumba, dietro le pressioni intimidatorie degli agenti di polizia che la interrogarono in quei primi giorni.