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Nada Cella, arriva una clamorosa rivelazione da un carabiniere che indagava sul caso nel 1996

Nada Cella
Nada Cella (ANSA) – Spynews.it

Spunta una nuova e clamorosa rivelazione sul caso di Nada Cella, raccontata da un carabinieri che ha partecipato alle indagini sulla sua morte nel 1996.

Non sono settimane facili per la famiglia di Nada Cella, la segretaria uccisa il 6 Maggio del 1996 a Chiavari, e la cui morte resta ancora senza un colpevole. Il caso era stata riaperto dalla famiglia alcuni anni fa, grazie all’intervento di una criminologa che presentando una tesi su quello che era ai tempi uno dei più celebri casi di cronaca nera del tempo, scoprì alcuni indizi fondamentali che permisero epr la prima volta di individuare in modo forte un sospettato.

La tesi della famiglia infatti è che ad uccidere Nada Cella sia stata l’ex insegnante Annalisa Cecere, che avrebbe poi seguito goduto della copertura del commercialista Soracco, il datore di lavoro della ragazza, e della madre. Alcune settimane fa però, la magistratura ha deciso di non rinviare a giudizio la Cecere, sostenendo che gli indizi e le prove portate dai legali della famiglia, non siano sufficienti per incriminare formalmente la donna e rinviarla a giudizio.

Una notizia che ha scosso molto la famiglia, che adesso teme che questo cold case venga archiviato per sempre. E negli ultimi giorni, è uscito una clamorosa indiscrezione. Il giornale la Repubblica è infatti entrato in contatto con un carabiniere che all’epoca del delitto si occupava del suo caso.

La madre di Nada Cella
La madre di Nada Cella (ANSA) – Spynews.it

Il racconto del carabiniere ai giornalisti: “Ci convincemmo che la notizia fosse infondata”

L’uomo ha raccontato ai giornalisti una verità per certi versi sconcertante. Annalisa Cecere era infatti stata inserita fin da subito tra i principali sospettati per l’omicidio della ragazza: “Il magistrato ci disse di chiudere al più presto per non costituire una distrazione alle attività che in quel momento erano in una fase delicata, essendo prossima la definizione del caso”.

Un rifiuto netto e convinse il carabiniere e i suoi colleghi a desistere dal continuare seguire quella pista: “Ci convincemmo che la nostra notizia fosse infondata e quasi avemmo la sensazione di essere come di intralcio alle attività che portavano in altra direzione”